Dopo un lungo stop, in commissione Lavoro si riavvia la discussione sul disegno di legge per dare sostegno concreto a chi accudisce a tempo pieno un familiare con gravi malattie o disabilità
Per coloro che assistono un familiare gravemente disabile ci sono una buona e una cattiva notizia. Quella buona è che la cosiddetta legge sui “caregiver familiari” riprenderà finalmente ad essere discussa in Commissione Lavoro del Senato, dopo uno stop che durava di fatto da luglio 2020. Quella cattiva, però, è che le ipotesi di assicurare contributi figurativi o scivoli per il prepensionamento ai familiari che si prendono cura di un parente convivente non autosufficiente, sono da escludersi.
«I costi sono stati stimati nell’ordine dei miliardi e ci è stato detto che non è possibile metterli a bilancio», spiega la senatrice Barbara Guidolin (M5s) relatrice del provvedimento, il disegno di legge 1461 presentato nel 2019. Prima del varo della legge di Bilancio, infatti, si sono tenuti diversi tavoli di confronto tra esponenti del governo, dei partiti e tecnici per verificare la fattibilità delle misure ipotizzate. Risultato: sono risultate non sostenibili né la previsione di un massimo di tre anni di contributi figurativi (equiparati a quelli degli Operatori socio sanitari) a carico dello Stato, né forme di pensionamento anticipato come lavoro usurante o una riduzione dell’età per accedere all’assegno sociale.
Ciò che invece potrebbe andare in porto – ma il condizionale è d’obbligo – è l’istituzione di un sussidio mensile riservato appunto ai caregiver familiari. Quelli che la legge 205 del 2017 prima e il ddl 1461 (prima firmataria la senatrice Simona Nunzia Nocerino, M5s) ora definisce come «la persona che gratuitamente assiste e si prende cura in modo continuativo del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto (…), di un familiare o di un affine entro il secondo grado», ovvero in alcuni casi «di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, anche oncologica, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata».
Una definizione che esclude quanti si occupano di persone anziane, anche non autosufficienti, ma che soffrono di malattie inerenti al fisiologico invecchiamento, cercando invece di concentrare l’attenzione su quei familiari – in gran parte donne – che si occupano di figli con gravi disabilità o comunque in maniera gratuita e continuativa di parenti di norma conviventi. Non più di una persona per ogni nucleo familiare, anche quando la responsabilità di cura è condivisa (ad esempio tra madre e padre).
«Stiamo cercando di affinare la definizione della platea di soggetti della legge, anche per stimare in maniera precisa i costi dell’assegno mensile ipotizzato e la sua consistenza», spiega ancora la senatrice Guidolin che preferisce al momento non sbilanciarsi sulle cifre in discussione. In realtà non è per nulla facile stimare quante siano effettivamente le persone che si prendono cura di un familiare con gravi disabilità.
L’ultimo dato a cui rifarsi è quello dell’indagine Istat del 2018 sulla “Conciliazione tra lavoro e famiglia” secondo cui sarebbero oltre 2 milioni e 800 mila (il 7,7% della popolazione) le persone che assistono regolarmente figli o altri parenti di 15 anni e più in quanto malati, disabili o anziani. Si tratta del 9,4% delle donne tra i 18 e i 64 anni e il 5,9% degli uomini nella stessa fascia d’età, mentre nella fascia 45-64 anni la percentuale d’impegno sale al 12,2% . Tra questi, poi, quasi 650mila cittadini si occupano contemporaneamente sia di figli minori di 15 anni, sia di altri familiari malati, disabili o anziani.
Cifre assai importanti, anche se le situazioni di quei 2,8 milioni di persone che assistono familiari sono assai differenziate e l’ipotesi verso cui si sta orientando la Commissione lavoro è quella di circoscrivere il sussidio ai soli caregiver impegnati, per la maggior parte del loro tempo, nell’assistenza a familiari con patologie e disabilità gravi e gravissime. Questione di fondi che scarseggiano anzitutto: per ora la legge 205 prevedeva per i caregiver inizialmente 20 milioni, poi aumentati a 25 milioni ripartiti tra le Regioni che li hanno distribuiti in diverse modalità o accantonati.
Per la nuova norma andrebbero stanziati fondi assai più consistenti, ma gli spazi di manovra in bilancio, pur assicurati, sono piuttosto ristretti, come conferma anche la senatrice Paola Binetti (Udc), tra le firmatarie del ddl 1461: «Durante la discussione della manovra abbiamo proposto emendamenti per aumentare i fondi per l’assistenza ai disabili, ma senza successo. Non manca la volontà di tutelare caregiver e famiglie, i costi però non sono stati ancora ben calcolati».
Nel frattempo anche il resto delle misure inizialmente previste nel disegno di legge in discussione al Senato sono a rischio. Come il sostegno pisocologico agli accudenti, la loro sostituzione temporanea con personale specializzato (peraltro prevista nei nuovi Livelli essenziali di prestazione per chi assiste anziani non autosufficienti), la consulenza per l’abbattimento delle barriere architettoniche nelle case, la ricollocazione al lavoro, la rimodulazione degli orari per i caregiver occupati e le spese di cura detraibili al 50% fino a 10mila euro l’anno. Si vedrà. L’unica buona notizia, lo assicura ancora la relatrice Guidolin, è che «a febbraio, subito dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, la commissione Lavoro del Senato si rimetterà ad esaminare l’articolato per definirlo e portarlo in Aula il più presto possibile».
Alessandro Chiarini, presidente di Confad, si dice deluso. «Approvare così la legge, senza agevolazioni previdenziali, significherebbe farla partire già zoppa – commenta il portavoce della confederazione che riunisce 20mila famiglie di disabili –. I caregiver molto spesso hanno dovuto abbandonare il lavoro e si ritrovano scoperti sul piano previdenziale. Per molte categorie di lavoratori vengono ipotizzati scivoli pensionistici significativi, ma quale lavoro è più usurante della cura per anni di una persona gravemente malata o con forti disabilità? Non si tratta di assicurare contributi figurativi a milioni di persone, ma a qualche centinaia di migliaia – 600mila secondo una stima – possibile che non ci siano risorse per questo?».
La conclusione di Chiarini è amara: «Noi continueremo a batterci, ma temo che manchi la volontà politica di occuparsi veramente dei caregiver, che sono una marginalità all’interno di un’altra marginalità, quella dei disabili. L’interesse politico è altrove».
Fonte: Avvenire.it di mercoledì 12 gennaio 2022
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